Strumenti complementari della risoluzione delle controversie in sanità: qual è il nuovo orizzonte legislativo?
Il parere di alcuni dei principali esperti in materia di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, responsabilità amministrativa-contabile e gestione dei sinistri.
La soluzione alle criticità della giustizia civile prevista dal PNRR è affidata prioritariamente al potenziamento degli strumenti di definizione delle liti alternativi alla sentenza, le cosiddette ADR (Alternative Dispute Resolution). Relyens ha avuto modo di confrontarsi con alcuni dei massimi esperti sul tema in occasione dell’Evento Annuale 2023 dal titolo “Gli strumenti complementari della risoluzione delle controversie“, tenutosi presso il Centro Congressi della Fondazione Cariplo a Milano.
Tra gli esperti presenti, in ordine di intervento: Paola Moreschini, Vicepresidente dell’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione; Arturo Iadecola, Vice Procuratore generale presso la Corte dei conti; Tiziana Frittelli, Direttore generale dell’AO San Giovanni Addolorata e Presidente nazionale di Federsanità; Maria Gagliardi, Professoressa associata di Diritto Privato presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa (Istituto Dirpolis, Lider-lab).
Di seguito la sintesi dei loro interventi.
La riforma Cartabia introduce una grande innovazione perché ridisegna la mappa della giurisdizione, ovvero, l’accesso alla giustizia.
La giustizia, in questa nuova visione, è considerata come un bene comune che, come tale, non va sprecato. Non si devono consumare energie del sistema giudiziario ponendo delle domande che possono ricevere risposta altrove.
Queste risposte si possono dare attraverso le Alternative Dispute Resolution. Il loro impiego è ancora molto circoscritto nell’ambito della responsabilità civile sanitaria, ma il loro potenziale è molto più ampio. Richiedono infatti – e promuovono nello stesso tempo – una consapevolezza nuova: che viviamo in un sistema composito nel quale il processo è solo una parte, non esclusiva e non vincolante.
Esistono forme alternative di risoluzione delle controversie che hanno vita propria: non sono ancillari al processo ma sono il fondamento di una giustizia partecipativa e consultiva nella quale le parti contrapposte hanno la capacità di esercitare – con strumenti e risorse dedicati – la facoltà di comporre le vertenze in maniera attiva e al di fuori del tribunale.
Questa possibilità può avere un grande impatto in ambito sanitario dove una parte consistente delle richieste di risarcimento potrebbe, in futuro, essere risolta tramite transazione con benefici su diversi livelli per tutti gli attori e le istituzioni coinvolti.
Quella di transigere è una scelta di gestione sanitaria fondata sulla convinzione che la transazione convenga alla sanità pubblica rispetto all’esito atteso del processo.
Il principale ostacolo alla diffusione di questo strumento è la paura da parte del funzionario pubblico di essere chiamato a rispondere di danni erariali presso la Corte dei conti.
Ma quanto è fondata questa paura?
La legge-delega per la riforma del processo civile prevede che il decreto legislativo che modificherà le procedure di mediazione e la negoziazione assistita dovrà rispettare, tra l’altro, il principio secondo il quale per i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni – incluse quelle del Servizio Sanitario Nazionale – la conciliazione nel procedimento di mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile (rectius, amministrativa), salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, “consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”.
Qualsiasi forma di risarcimento con soldi pubblici rappresenta un danno erariale, ma la Corte si muoverà esclusivamente per perseguire la responsabilità amministrativa dei funzionari o dirigenti pubblici solo nel caso manchi da parte loro una valutazione ragionevole sull’opportunità e la convenienza della transazione stessa. Il legislatore ha espressamente riconosciuto la difficoltà nella quale si trovano i funzionari che si assumono la responsabilità di firmare la transazione e ha predisposto margini di tutela, circoscrivendo l’intervento della Corte ai soli casi di colpa grave.
È bene, pertanto, specificare che, in questi casi, la c.d. “paura della firma” e il timore di una possibile azione da parte della Corte dei conti sono infondati. La Corte molto probabilmente porrà sotto scrutinio le transazioni autorizzate, ma procederà solo ed esclusivamente nel caso in cui il funzionario non possa dimostrare di aver valutato in maniera adeguata la convenienza della transazione attraverso un confronto con il Comitato Valutazioni Sinistri, di aver richiesto pareri legali e medico-legali, e di avere, infine, fatto una scelta ragionevole sulla base delle informazioni in suo possesso al momento della decisione.
A disposizione dei funzionari ci sono molti strumenti che permettono di dimostrare agevolmente la validità del loro percorso di scelta; la negligenza o l’omissione da parte loro dovrà essere davvero ‘inescusabile’ per poter configurare la colpa grave.
Secondo i dati Ocse il costo del contenzioso sanitario in Italia supera anche di 5/6 volte quello degli altri Paesi europei e le imposte sui premi assicurativi superano il 20%.
Le aziende sanitarie e Federsanità sostengono l’introduzione di misure alternative per conciliare le controversie, mentre tra i sanitari esistono forti resistenze alla transazione perché questa viene considerata come un’ammissione di colpa.
La mediazione, invece, è una tutela per tutti. È, prima di tutto, una necessità economica essenziale perché ogni euro speso nei risarcimenti è un euro sottratto alle cure: transigere permette di risparmiarne moltissimo.
Ma la mediazione è anche un elemento di civiltà: uno strumento per abbattere l’altissimo livello di litigiosità e sfiducia che vede contrapporsi cittadini e istituzioni e del quale il gravissimo fenomeno delle aggressioni è una conseguenza diretta.
È evidente che la transazione deve essere conveniente per i conti pubblici e, per far sì che lo sia, è necessario che le aziende sanitarie investano in professionalità e competenze anche esterne capaci di fornire valutazioni oggettive e professionali sulle quali basare la decisione di conciliare.
Questa componente multidisciplinare e tecnico-scientifica è uno degli elementi caratterizzanti dell’ambito della responsabilità sanitaria.
Per questo il percorso della mediazione – che richiede esperti legali e medico-legali – offre un’ulteriore occasione di approfondimento e di confronto tra le parti chiamate a definire, prima ancora degli aspetti patrimoniali, i confini, la natura e le relazioni causali dell’evento in discussione.
Questa convergenza di professioni risulta, inoltre, di grande importanza anche nel trasferire le informazioni tratte dalla gestione dei sinistri agli interventi di mitigazione e prevenzione del rischio. Per tutte le ragioni sopra elencate appare evidente negli ultimi interventi normativi la volontà chiara del legislatore di favorire la partecipazione di tutte le parti coinvolte – anche le assicurazioni – nel processo di mediazione.
La gestione dei sinistri e della responsabilità impatta l’intero ecosistema della salute. Diffondere consapevolezza e formazione in questo crocevia tra sanità e giurisprudenza contribuisce alla cultura della sicurezza.
Nello specifico, una progressiva applicazione degli strumenti complementari della risoluzione delle controversie può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e, di pari passo, contribuire a diffondere una nuova cultura di fiducia tra cittadini e istituzione, in particolare in ambito sanitario.
Tutte le parti coinvolte in questo processi traggono beneficio da una gestione del contenzioso efficace e non conflittuale: pazienti, operatori e istituzioni.