Gestione delle infezioni Correlate all’Assistenza (ICA), un imperativo per la sicurezza e l’efficacia delle cure
Le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) costituiscono un evento avverso critico che impatta in maniera significativa sulla salute dei pazienti. Non solo: l’incidenza di tale fenomeno nei contesti sanitari solleva importanti riflessioni sul tema della sicurezza delle cure e sulla responsabilità, in capo alle strutture e ai singoli professionisti sanitari, nell’adozione di misure preventive e di governo del rischio infettivo. Non da ultimo il problema delle ICA rappresenta oggi, nel mondo sanitario, un importante capitolo di spesa anche per quanto riguarda l’impatto risarcitorio in caso di danno lamentato.
Approfondiamo la tematica parlandone con Patrizia Bellon, Risk manager di Relyens in Italia.
Infezioni Correlate all’Assistenza, l’impatto delle pratiche di Infection Prevention Control
La sicurezza delle cure, riconosciuta come diritto fondamentale per l’individuo e per la comunità, è uno dei pilastri dalla Legge Gelli Bianco (24/2017), che richiama il dovere, in capo alle strutture sanitarie, di adottare specifici programmi di prevenzione e gestione dei rischi legati all’erogazione delle prestazioni sanitarie.
Nella stessa norma viene inoltre richiamata la responsabilità di tutto il personale sanitario, nella partecipazione attiva ed adesione ai programmi di prevenzione del rischio messi in atto dalle Strutture. In questo contesto l’outcome del paziente, sia in termini di salute che di soddisfazione, è strettamente legato al concetto di sicurezza. L’appropriatezza ed efficacia dell’assistenza erogata si misura infatti anche nella capacità dell’organizzazione di scongiurare potenziali danni al paziente durante il percorso di cura mediante azioni sistematiche di prevenzione e contenimento di potenziali eventi avversi. Nella panoramica degli eventi avversi che possono impattare negativamente sugli esiti di salute della persona nei contesti sanitari, si annoverano spesso le infezioni correlate all’assistenza.
ICA, le cause principali e lo stato dell’arte in Europa
Le infezioni correlate all’assistenza possono manifestarsi in vari contesti sanitari, dalle strutture ospedaliere inclusi i setting di dai day-hospital/day-surgery, lungodegenza e ambulatori, sino ai setting territoriali di assistenza domiciliare e strutture socio sanitarie residenziali e semiresidenziali. Per questo motivo, la letteratura di riferimento orienta al passaggio dalla definizione di “infezioni nosocomiali” a “infezioni correlate all’assistenza” che consente di prendere in considerazione una casistica più ampia della prevalenza del fenomeno in correlazione all’erogazione delle prestazioni sanitarie in tutti i contesti di cura.
Le cause ascrivibili all’insorgenza delle ICA sono molteplici. Tra queste, a impattare maggiormente sono:
- l’introduzione di nuove tecnologie sanitarie;
- l’uso prolungato di dispositivi medici invasivi;
- interventi chirurgici complessi;
- immunosoppressione o gravi patologie concomitanti;
- una scarsa applicazione di misure di igiene ambientale;
- la scarsa aderenza alle buone pratiche dell’igiene delle mani;
- una scarsa aderenza ai protocolli e buone pratiche assistenziali;
- l’emergenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici.
La manifestazione di queste infezioni si ripercuote con un impatto clinico ed economico significativo.
Dal punto di vista clinico si assiste ad un aumentato livello di esposizione del paziente al rischio di incorrere in una condizione di disabilità a medio/lungo termine in conseguenza al prolungamento della degenza, al ricorso di indagini diagnostiche e trattamenti farmacologici/terapeutici altrimenti non necessari che, in particolare riferimento all’uso massiccio di antibiotici, contribuiscono altresì ad aumentare i livelli di criticità relativamente alla problematica dell’antimicrobicoresistenza.
Dal punto di vista dell’impatto dei costi sociali, oltre che a costi aggiuntivi per i sistemi sanitari, si assiste ad un incremento delle spese pro-capite per i pazienti e per le stesse famiglie.
Prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza
La prevenzione, il controllo e il monitoraggio della prevalenza delle ICA in tutti i contesti assistenziali sono dunque attività essenziali per ridurne la frequenza e l’impatto attraverso il contrasto dei meccanismi di diffusione dei patogeni, con particolare attenzione ai germi multiresistenti.
In Italia, le circolari ministeriali e i piani nazionali hanno rafforzato le raccomandazioni circa la necessità di un governo rigoroso, soprattutto in termini di prevenzione, delle ICA, attraverso l’implementazione di specifici programmi di sorveglianza e di preparazione/gestione per le emergenze infettive che includano precipue attività di formazione per il personale sanitario. Le strategie raccomandate comprendono la sorveglianza epidemiologica mirata, interventi di prevenzione basati sulla modalità di trasmissione dei patogeni, piani di comunicazione dedicati anche alla popolazione, coordinamento istituzionale e l’integrazione funzionale a vari livelli.
Fondamentale risulta quindi la formulazione di programmi dedicati all’Infection Prevention Control. Tra le misure chiave, la riduzione di procedure diagnostiche e terapeutiche non necessarie, l’uso corretto degli antibiotici e dei disinfettanti, il rispetto dell’asepsi nelle procedure invasive, la profilassi antibiotica pre-operatoria e proficue campagne di vaccinazione per gli operatori sanitari. Inoltre, risulta imprescindibile, per il contrasto alla diffusione dei patogeni, che l’organizzazione di una struttura sanitaria garantisca l’implementazione di misure precauzionali standard e misure precauzionali aggiuntive, quest’ultime vanno commisurate al tipo di patogeno isolato e alla modalità in cui si diffonde. Tra le principali misure standard, che vanno quindi adottate per tutti i pazienti, si identificano una serie di attività basilari tra cui:
- igiene delle mani: l’igiene delle mani è riconosciuta come una misura fondamentale di prevenzione, sebbene la sua aderenza, rispetto agli standard OMS sia in termini di frequenza che nelle modalità di esecuzione nonché di monitoraggio, possa risultare difficilmente rilevabile e basata prevalentemente sulla compliance individuale del personale sanitario;
- pulizia e disinfezione delle superfici ambientali: la contaminazione ambientale, riconosciuta come fattore critico nella diffusione di infezioni, richiede un’attenta gestione dei processi di sanificazione e pulizia degli ambienti sanitari. Tale attività prevede un forte coinvolgimento delle funzioni organizzative di Struttura che garantiscano l’implementazione di specifici programmi di monitoraggio della qualità delle procedure nel rispetto della classificazione del rischio degli ambienti;
- uso di dispositivi di protezione personale (ad esempio guanti, mascherine, occhiali protettivi) adeguati alla tipologia di attività assistenziale da erogare e all’eventuale accertamento dello stato infettivo del paziente;
- pratiche sicure di iniezione (tecniche asettiche per i medicinali parenterali);
- uso di strumenti e dispositivi sterili: la tracciabilità dell’avvenuto processo di sterilizzazione dello strumentario è fondamentale per garantire la sicurezza soprattutto nelle pratiche invasive. Garantire livelli ottimali di sanificazione dello strumentario riutilizzabile, specialmente in ambito endoscopico, è cruciale per prevenire la trasmissione di patogeni. Un attento processo di riprocessamento che preveda la tracciabilità delle diverse fasi e il monitoraggio della corretta conservazione dei dispositivi è determinante prima di procedere al loro riutilizzo.
Le conseguenze principali delle ICA e come contrastarle
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità, portano in evidenza che le ICA più diffuse sono rappresentate da:
- infezioni respiratorie (22,8%): cruciale, in questo contesto, è la gestione delle polmoniti associate alla ventilazione meccanica, con un’attenzione particolare alle misure preventive rivolte soprattutto ai pazienti critici attraverso piani di assistenza individuali che garantiscano le azioni determinanti riconosciute dalla letteratura di riferimento come ad esempio l’igiene quotidiana del cavo orale;
- batteriemie (18,3%). In tale categoria si annoverano spesso le infezioni correlate all’utilizzo degli accessi vascolari centrali (Central Venous Catheter-Related Blood Stream Infection) che possono facilitare l’insorgenza di infezioni del torrente circolatorio. Sono generalmente causate da microorganismi che provengono dalla cute del sito d’emergenza del catetere o dalle mani del personale durante le procedure di gestione della via infusionale che rendono pertanto determinanti, in termini di prevenzione, le buone pratiche di antisepsi della cute e di riduzione dell’eccessiva manipolazione del circuito infusionale;
- infezioni urinarie (18%): in particolare si considerano le infezioni urinarie correlate al cateterismo vescicale a permanenza che espone il paziente a manifestare condizioni di batteriuria, ad insorgenza dopo 2-10 giorni dal posizionamento del device urinario in circa il 30% dei pazienti cateterizzati e che nel 24% di questi porterà a sviluppare sintomi di infezione (Catheter Associated Urinary Tract Infection). In termini di prevenzione è fondamentale ridurre il ricorso improprio di tale dispositivo e la corretta scelta e gestione del device e circuito urinario;
- infezioni del sito chirurgico (14,4%): l’attenzione a tale fenomeno è di interesse globale. Si consideri che in Europa, secondo i dati dell’ECDC, nel periodo 2018-2020 sono state segnalate quasi 20.000 infezioni del sito chirurgico (su un totale di oltre 1,2 milioni di procedure chirurgiche in 13 paesi UE/SEE che partecipano alla sorveglianza delle SSI). In tal senso le misure di prevenzione includono specifiche attività raccomandate dall’OMS che devono essere implementate sia nelle fasi pre e intra operatorie che nella fase post- operatoria e che considerano azioni dirette del paziente, del personale e dei fattori ambientali al fine di ridurre il rischio di contaminazione del sito chirurgico.
Risk management, gli attori nella prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza
Un approccio integrato e multidisciplinare è cruciale nella gestione dei rischi in ambito sanitario: questo include l’adozione di pratiche basate sull’evidenza scientifica e la partecipazione attiva delle funzioni strategiche di Struttura, di figure professionali specializzate in tema di rischio infettivo, di tutto il personale sanitario coinvolto e di tutti coloro che orbitano nel setting assistenziale inclusi i pazienti e i visitatori. Il coinvolgimento di tutti gli attori e lo stile comunicativo adottato dall’organizzazione nella realizzazione di programmi di prevenzione e controllo delle infezioni definisce il livello di prioritizzazione degli interventi necessari per affrontare tale problematica L’importanza di una cultura organizzativa incentrata sulla sicurezza è fondamentale, così come l’uso di indicatori di performance per monitorare l’efficacia delle politiche adottate.
Vediamo dunque qual è il ruolo dei professionisti sanitari, con un focus sulle diverse realtà in cui la funzione risk management assume un ruolo fondamentale.
Il ruolo dei risk manager nella prevenzione delle ICA
Nell’ambito delle strutture sanitarie, la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza è un aspetto cruciale che richiede un’attenta gestione del rischio attraverso interventi mirati di mappatura dei processi critici e implementazione di barriere efficaci per il contrasto alla diffusione dei microorganismi. In questo contesto, il ruolo del risk manager, assume una rilevanza fondamentale. Conformemente alle disposizioni della legge di Stabilità 2016 e della legge Gelli-Bianco (24/2017), ogni struttura sanitaria, sia pubblica che privata, è tenuta a implementare una funzione adeguata di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario.
Il risk manager, infatti, è un punto di riferimento all’interno di un sistema organizzativo multidisciplinare, che può garantire, attraverso l’implementazione di specifiche metodologie di misurazione dei rischi, gli ambiti di miglioramento per l’efficacia dei programmi di Infection Prevention Control.
Il risk manager risulta pertanto facilitatore nei processi di cambiamento volti al miglioramento operativo, promuovendo un approccio collaborativo tra tutte le parti. Questa collaborazione avviene tra le diverse funzioni aziendali, che si occupano rispettivamente del rischio clinico e del rischio infettivo. È essenziale che questa sinergia si manifesti in primo luogo in fase di pianificazione e programmazione delle attività, e in secondo luogo nell’integrazione delle reti professionali all’interno dell’organizzazione.
Una componente chiave del ruolo del risk manager è l’adozione di un atteggiamento no-blame. Ciò significa che l’attenzione non è focalizzata sulla ricerca di responsabilità in caso di incidenti, ma piuttosto sull’identificazione e l’implementazione di interventi correttivi e strategie di mitigazione.
Questo approccio contribuisce a creare un ambiente in cui la consapevolezza dei rischi rientra tra i valori prioritari dell’organizzazione e dei singoli professionisti e dove si incentiva l’apprendimento continuo e l’adattamento delle attività di programmazione e pratiche assistenziali in risposta a eventuali incidenti.
La trasparenza e la condivisione dei dati rafforzano e caratterizzano l’Organizzazione e la cultura della sicurezza presente in quel determinato contesto; la cultura, essenziale in ogni organizzazione sanitaria, deve essere concentrata sulla prevenzione dei rischi, anche di tipo infettivo. Questo approccio globale è fondamentale per garantire l’erogazione di prestazioni sanitarie di qualità in termini di efficacia, efficienza, appropriatezza e sicurezza, sia per i pazienti che per il personale sanitario.